Il concetto di autocontrollo ha una valenza ampia che discende dalla responsabilizzazione dell’Operatore del settore alimentare (OSA) in materia di igiene e sicurezza degli alimenti e corrisponde all’obbligo di tenuta sotto controllo delle proprie produzioni.
L’autocontrollo è obbligatorio per tutti gli operatori che sono coinvolti a qualunque livello nella filiera della produzione alimentare.
Un metodo per applicare l’autocontrollo in maniera razionale e organizzata è il sistema HACCP (Hazard analysis and critical control points) che aiuta gli OSA a conseguire un livello più elevato di sicurezza alimentare.
I riferimenti normativi principali si trovano nella legislazione cogente e attribuisce ai titolari delle aziende alimentari la responsabilità della sicurezza dei prodotti e una certa discrezionalità nel definire gli obiettivi igienici e di sicurezza di tipo operativo e le condizioni per raggiungerli:
Alla legislazione cogente si affiancano una serie di riferimenti volontari che costituiscono per le aziende una guida a cui è possibile conformarsi volontariamente e alcuni sono esplicitamente richiamati dalla normativa cogente (sono evidenziati con una linea di collegamento continuo con il Reg. CE 852/2004).
Si tratta delle “Guidelines for the application of the Hazard Analysis Critical Control Point (HACCP) system” del Codex Alimentarius (1993), indicate all’art. 5 come metodo per condurre l’analisi dei rischi e dei “Manuali di Corretta Prassi Operativa”, indicati agli artt. 7-9 dello stesso Regolamento.
I principi su cui si basa l’elaborazione di un piano HACCP sono 7:
Identificare ogni pericolo da prevenire, eliminare o ridurre
Identificare i punti critici di controllo (CCP - Critical Control Points) nelle fasi in cui è possibile prevenire, eliminare o ridurre un rischio
Stabilire, per questi punti critici di controllo, i limiti critici che differenziano l’accettabilità dalla inaccettabilità
Stabilire e applicare procedure di sorveglianza efficaci nei punti critici di controllo
Stabilire azioni correttive se un punto critico non risulta sotto controllo (superamento dei limiti critici stabiliti)
Stabilire le procedure da applicare regolarmente per verificare l’effettivo funzionamento delle misure adottate
Predisporre documenti e registrazioni adeguati alla natura e alle dimensioni dell’impresa alimentare.
Il primo obiettivo dell’autocontrollo è la prevenzione del rischio di non conformità alle prescrizioni normative sull’igiene che definiscono:
a) standard relativi agli alimenti, indicati come valori limite di parametri chimici,
fisici o microbiologici. Questi standard rappresentano gli obiettivi igienici e di
sicurezza degli alimenti;
b) standard e limiti per:
– i prodotti che possono entrare (volontariamente o involontariamente) nella
filiera alimentare: mangimi, sementi, additivi, prodotti fitosanitari, ormoni,
presidi sanitari e contaminanti ambientali,
– i materiali che entrano in contatto con gli alimenti,
– il personale addetto alla produzione, alla manipolazione e alla vendita degli
alimenti,
– le strutture e le attrezzature che entrano in contatto con gli alimenti.
Questi standard rappresentano indicazioni sulle condizioni operative da adottare per raggiungere gli obiettivi di igiene e sicurezza degli alimenti. Il secondo obiettivo dell’autocontrollo è la prevenzione dei rischi per la salute del consumatore connessi specificamente a ciascun prodotto e a ciascuna realtà aziendale, che si individuano con l’analisi del rischio condotta in azienda.
Per facilitare l'adozione di piani di autocontrollo adeguati vengono resi disponibili Manuali di Corretta Prassi Igienica (Good Hygiene Practice o GHP), che costituiscono documenti orientativi voluti dalla normativa comunitaria ed utilizzabili come guida all'applicazione dei sistemi di autocontrollo.
Considerando un’impresa alimentare, il responsabile del piano di autocontrollo deve predisporre e attuare il piano con l’attiva partecipazione della dirigenza e del personale avvalendosi, se del caso, di un supporto tecnico-scientifico esterno.
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